04.05.2019 – Il tempo senza tempo

IL TEMPO SENZA TEMPO

Fermatevi e sappiate che io sono Dio!”, recita il versetto 11 del salmo 45, un versetto evocatore di molte suggestioni. Rinnoviamo ogni giorno l’esperienza di questo “fermatevi”. Fermarsi dove, visto che la stabilitas loci di cui facciamo professione ci porta di fatto a stare piuttosto ferme?

Si comprende allora che importante è “fermarsi dentro” e ciò non è certo garantito ipso facto, dal monastero, semmai potrebbe essere favorito, così come ogni vocazione ha delle strutture che la supportano. Ciò che invece è condizione dell’effettivo fermarsi, sospensione dello scorrere del tempo, è soltanto la determinazione ad affrontare la lotta quotidiana, poiché non siamo esenti da tentazioni e dispersioni. Una di queste è il correre, l’agitarsi, lo stordirsi…

“Fermatevi” è l’invito a volgere tutte le energie dell’essere alla costruzione di se stessi e, conseguentemente, della realtà in cui siamo posti. “Fermatevi” equivale a bere alla sorgente di acqua viva, appunto: “Fermatevi e sappiate che io sono Dio!”.

“Fermatevi” è cambiare il modo disordinato con cui talora stiamo nel tempo, per “vivere” davvero il tempo, ossia riempirlo di laboriosità, di pace, di speranza.

Ai fratelli agitati per le varie occupazioni, la saggezza dei padri del deserto suggeriva: “Siedi nella tua cella”, come a dire: calmati, rifletti, divieni consapevole.

Non si può prescindere da questo “fermatevi” se si desidera acquisire lo sguardo contemplativo e l’unità interiore. Proprio in tale unità ritroviamo “Marta e Maria”, armonicamente congiunte. Se Marta è rimproverata da Gesù, non è certo per la sua sollecitudine, ma per la sua preoccupazione originata da quel non saper fermare il tempo, in ascolto ai piedi di Gesù, come invece fa Maria (cfr. Lc. 10,38ss.).

In tale cornice del “fermatevi e sappiate che io sono Dio” che esprime anche la giusta relazione della creatura con il suo Creatore, del discepolo con il maestro, del servo con il Signore, si possono fare altre considerazioni, in primo luogo il legame da noi vissuto intensamente tra tempo e liturgia.

Il celebrare la liturgia con il ciclico alternarsi dei tempi dell’anno, delle settimane e dei giorni, immette nel mistero di Cristo e della Chiesa ed è il grande kairos, tempo di grazia, che ci è donato per conformarci al Signore Gesù: al suo sentire, al suo pensare, al suo agire e in ciò trovare il vero senso della vita.

Ogni giorno – con la scansione delle Ore liturgiche – è per noi monache l’habitat naturale dell’unità tra preghiera e lavoro, del “sacrificio” nel senso del sacrum facere, del muoversi sotto lo sguardo di Dio, in alleanza con Lui, con cuore dilatato verso ogni creatura.

A partire dall’inno dell’Ora liturgica entriamo in questo flusso sacro cui prestiamo il cuore.

“Il sole già sorge sul mondo in attesa”, cantiamo al mattino; per poi riprendere nella sosta meridiana: “Al mezzo del giorno lasciamo il lavoro, in alto leviamo le mani e i cuori”; e ancora a sera: “La pace ormai scenda sul giorno in declino” e chiudere la giornata con la preghiera di Compieta: “Varcare la notte è come varcare la morte, incontro a te, Salvatore”. Per citare soltanto i momenti cardine del giorno e farlo con i testi del nostro fratello Davide Maria Montagna.

La lode e l’adorazione ci danno poi di sperimentare un aspetto peculiare della nostra vocazione, del nostro “semplicemente esserci” davanti a Dio e per i fratelli, ed è la gratuità, come gratuito è il tempo di cui fruiamo, nella scia di quel profumo sparso a Betania, soltanto perché il Signore è signore.

Se la liturgia è il canale privilegiato dello scorrere del tempo, il vissuto quotidiano ce ne fa gustare, momento per momento, il sapore. E qui Maria ci è grande maestra. Maria ha saputo udire la voce dell’angelo che parlava nel suo cuore perché era esperta di ascolto e di Parola. Nella calma interiore, nell’ordine delle emozioni, il cuore si purifica, l’orecchio si affina e si comprende quanto sia fondamentale l’attività dell’ascoltare, ma … ci vuole tempo.

Il “tempo rallentato” diviene fonte di tempo fecondo, carico di frutti di conversione, di pace interiore e di comunione profonda nelle relazioni. Ricorda la Scrittura: “Nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono fiducioso sta la vostra forza” (cfr. Is. 30,15).

L’ascolto di sé, degli altri, di Dio trasforma il vivere superficiale in vivere consapevole. Maria – l’evangelista Luca lo annota più volte – “conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (cfr. Lc. 2,19.52). E’ l’esperienza benefica in cui si avverte l’azione dello Spirito che lega con un filo rosso gli eventi, donando comprensione luminosa e forza di fedeltà lungo i giorni. Ma occorre dare tempo perché lo Spirito parla… soltanto quando arriva la brezza leggera (cfr. 1Re, 19,11ss.).

Allora poi si corre, con le certezze maturate dentro. Maria “recupera” il tempo della sosta, andando in fretta verso la casa di Zaccaria ed essere per la cugina Elisabetta annuncio di buona notizia e aiuto di delicata carità. Anche di questo tempo “dell’andare sollecito” è intessuta la nostra vita, diversamente da quanto forse alcuni pensano. Sollecitudine nel lavoro intenso, come nel fattivo aiuto tra sorelle, come nell’accoglienza premurosa di chi cerca presso il monastero silenzio, pace, senso.

Un’altra sfumatura del vivere il tempo, impariamo da Maria. E’ quella dell’attesa, l’attesa del terzo giorno di Risurrezione, attitudine non certo improvvisata, bensì coltivata nel quotidiano stare accanto a quel suo Figlio. Il tempo ha i suoi tempi. Al “tutto e subito” della cultura attuale, la vita contemplativa offre la proposta della pazienza, dell’accettazione dei “tempi lunghi” di Dio, passaggio attraverso la prova dell’inverno, vegliando come sentinelle attente a scorgere i primi germogli di primavera.

Maria stabat iuxta crucem. Questo “stare” con immenso dolore non le ha fatto smarrire la fiducia e la speranza; ha atteso vigile e l’attesa non è stata vana, perché il Signore è fedele alle sue promesse.

La fiducia ci consente di non lasciarci sopraffare, di mai disperare. Sperimento il limite, la caduta, ma ancor più forte la fiducia che mi fa dire: “Oggi, ricomincio!”. E un nuovo tempo è dato, nuova opportunità da Colui che ci cura e ci guida; piccoli frammenti di tempo vissuto attraverso i quali si svolge e si compie il tempo della vita e della salvezza.

Concludiamo con alcuni versi ancora di Davide Maria Montagna, che paiono una bella sintesi di queste note e dunque della nostra esperienza.

Contemplazione.

Tenerissimo fluire del tempo:

dilatati giorni, notti intrise di luna,

cosmo e storia sacra riconciliati in unica epifania:

verginale cuore di quanto esiste!

Nostro contributo per la rivista “Regina Martyrum”